il dio Marte

 

UN APPROCCIO JUNGHIANO ALLA CONSULTAZIONE ASTROLOGICA

di Michael McLay

- si ringrazia Yggdrasill per la traduzione -

 

Negli ultimi anni si e' verificato un certo numero di momenti critici in cui ho pensato seriamente di buttare i libri di astrologia fuori dalla finestra e non affrontare piu' l'argomento con nessuno. Non ero soddisfatto del lavoro che stavo facendo con i miei clienti, ed ero frustrato dalle aspettative che questi portavano con se' nel mio studio. Sono certo che tutto questo e' noto alla grande maggioranza di voi. Se il vostro lavoro e' legato all'astrologia, sembra come se ciascun cliente entri dalla porta con un enorme, invisibile compagno appollaiato sulla spalla. Non appena entrano, questa presenza riempie la stanza.

Durante le consultazioni, mi ritrovavo ad impiegare la maggior parte delle mie energie a lottare con qualcuno che non riuscivo a vedere.

Ecco alcuni frammenti del mio re-immaginare.
La prima immagine che emerse fu quella di una creatura oscura bisbigliante all'orecchio del cliente che era molto piu' sicuro utilizzare l'astrologia per ottenere risposte immediate che per acquietare le rimbombanti profonde correnti dell'anima. Il cliente, ispirato da questi bisbiglii, dice: "Tutti questi discorsi psicologici sono molto interessanti, ma quando incontrero' qualcuno?" "Forse in marzo. Si', marzo sembra buono." "Grazie, adesso posso smetterla di preoccuparmene." E la creatura sorride.

Questa presenza, questa figura d'ombra, sembrava anzitutto scettica e dubbiosa. Immaginavo che avesse un grande desiderio di un maggior accesso all'anima, ma che si aspettasse di essere delusa. Questa figura d'ombra sembrava inoltre spaventata. Forse impaurita di cio' che sarebbe successo se si fosse aperta all'abisso dell'anima. Sicuramente si trattava di qualche tipo di angelo oscuro, e cio' poteva solo significare che avevo una coscienza molto esaltata ed inflazionata del mio lavoro. Fin qui nessuna sorpresa. La presenza oscura infine acquisto' forma e si sviluppo' in una specifica immagine. Rimasi sorpreso dall'immagine, che presi come un buon segno. L'immagine era quella di Penteo nascosto tra gli alberi. Vi ricordate di lui? E' il re di Tebe che rifiuto' di riconoscere la divinita' di Dioniso.

Inizialmente, credetti che questa presenza rappresentasse la personificazione dei malintesi e pregiudizi collettivi sull'astrologia. Cio' mi sembro' ragionevole, ed anche abbastanza ovvio. Ma questo tipo di ragionamento mi indusse ad un atteggiamento mentale di tipo salvifico, col nobile obiettivo di rieducare i miei clienti e, naturalmente, il mondo. Coloro tra voi che si sono trovati sulla via di nobili tentativi per salvare il mondo, sanno che questi assorbono un enorme quantitativo di attenzione e di tempo. Questo e' il motivo dei miei pensieri ricorrenti di buttare via i libri e dedicarmi alla pesca.

Alla fine mi resi conto che l'unico modo per uscire dal mito del guerriero salvatore era di entrarci dentro e che dovevo affrontare il drago nel campo di battaglia dell'immaginazione e non nel mondo.

Dioniso
Testa di Dioniso giovane
Scultura ellenistica ritrovata nei pressi di Roma.
Londra, British Museum

Fece gettare in prigione Dioniso. Cerco' di contenerlo. Ovviamente Dioniso fuggi' e colpi' tutte le donne di Tebe con il suo particolare tipo di pazzia. Ed esse tutte fuggirono nei boschi per deliziarsi nell'estasi. Penteo le segui' e le spio' dall'alto di un albero. Di fatto, si dice che fosse un pino, sicche' forse stava ardentemente desiderando l'anima (1). Fu scoperto e fatto a pezzi. Il dominio di Dioniso era l'irrazionale, il regno della pazzia, dei sogni, dell'immaginazione; la selvaggia regione dell'anima libera da confini, l'abbandono al mistero dell'anima... Penteo voleva vedere che cosa accadeva nel regno di Dioniso senza prendervi parte. Non voleva riconoscere il dio o partecipare ai festeggiamenti. Voleva solo guardare furtivamente nel regno del dio. Dall'alto di un albero. Su in alto, astrattamente, tecnicamente, non sul campo, non dentro l'esperienza. Tutto cio' aveva un che di familiare. Era facile vedere la figura di Penteo la' fuori, nel mondo dei dubbiosi e degli schernitori. Si tratta di tutta quella gente che non riconosce "l'autentico valore spirituale" dell'astrologia. Sono curiosi. Leggono religiosamente il proprio oroscopo sul giornale. Ma fanno in modo di non essere colti sul fatto e, se accade, ci scherzano sopra.

Era inoltre facile vedere la figura di Penteo sulla spalla dei clienti, che li tratteneva dall'abbandonarsi al processo di esplorazione dell'anima. Pero', appena incominciai a vedere piu' chiaramente la faccia di questa figura d'ombra sull'albero, essa mi sembro' familiare. Era, ovviamente, la mia stessa faccia. Stava diventando gradualmente comprensibile.

Cominciavo a capire che non avrei potuto avvertire la presenza del compagno invisibile, sulla spalla del cliente, che riempiva la stanza tutt'intorno, se la stanza non fosse gia' stata occupata dal mio stesso compagno invisibile. Forse la lotta che sento in atto e' quella tra i due che si disputano lo spazio sull'albero.
Ma di che cosa ha paura Penteo? O di che cosa ho paura io? Io tendo ad idealizzare Dioniso con il dio dell'estasi, come redentore dell'anima, come via d'accesso all'Altro regno. E' un dio spirituale, sicche' dobbiamo essere buoni amici, giusto? Poi rammento l'altro suo volto, la sua faccia oscura; puo' anche essere un dio terrifico. Quando viene, si presenta come toro mugghiante, come il selvaggio spirito del terribile. Porta il pandemonio, la follia, non rispetta alcun limite. Avevo forse paura di Dioniso?

Cercai di cominciare a fare attenzione all'andirivieni di Dioniso e Penteo nella mia attivita' professionale e nella mia vita. Feci attenzione a quei momenti in cui i clienti si aprivano all'immaginario, quando si aprivano al mondo interiore delle immagini, all'anima. L'ebbrezza e i tremori quando qualcosa colpisce dentro nel profondo. E prestavo attenzione a quei momenti in cui i miei clienti mostravano disagio, fiutavano il pericolo, cercavano di dare una pronta risposta per acchetare le rimbombanti profonde correnti dell'anima. Sull'albero in cerca di salvezza.
Prestai attenzione a quando mi sentivo a disagio con la crudezza del momento, o il silenzio, oppure a quando davo una rapida risposta che portava un sollievo immediato e una strana sensazione alla bocca dello stomaco. Mi raffiguravo la mia stessa anima che scappava arrampicandosi su per un albero. Mentre prestavo attenzione a questi momenti, a questo flusso e riflusso, incominciai a manifestare rispetto e compassione per Penteo, il cui destino e' eternamente legato al dio.

Mentre giocavo con queste immagini, mi resi conto che mi ero erroneamente identificato con il dio. Stavo cercando di distruggere il Penteo che era sospeso nell'aria intorno a me. Che arroganza! Un falso Dioniso che vede Penteo dappertutto ma non in se stesso. Incominciai ad abbandonare il mio ruolo posticcio del redentore o del distruttore di Penteo e rispettavo il suo ruolo eterno nella danza.
Ora, appollaiato sull'albero, osservando il mondo attraverso gli occhi di Penteo, intravedo per la prima volta la pazzia ed i festeggiamenti che avvengono la' sotto.

A volte, la figura oscura nascosta nell'albero e' la via d'accesso all'Altro Regno. E talvolta sono i clienti che ci introducono li'.

Ando' pressappoco cosi'...
Lasciatemi un po' raccontare che cosa ne e' venuto dai miei sforzi di integrare astrologia e psicologia. Cio' che faccio o tento di fare durante una consultazione...
Un conto e' se un terapeuta utilizza la carta del cielo quale strumento aggiuntivo che fornisce elementi sulla terapia in corso con il cliente. Conosco terapeuti che lo fanno ed ammiro il loro lavoro. Ma e' completamente tutta un'altra cosa cercare di fare un che di terapeutico entro i confini di una tradizionale interpretazione oroscopica.
Supponendo che io veda un cliente per un'unica volta (il che e' spesso il caso) per un'ora e mezza o due: come rispondere alle sue aspettative, come fornire una esauriente introduzione alla carta del cielo e guidarlo verso una maggior comprensione di se' stesso, e tutto cio' in un modo che sia in linea con i miei ideali di lavoro sull'anima? Oppure, piu' succintamente, come posso prendere una persona e portarla in viaggio attraverso la propria immagine dell'anima nello spazio di un'ora e mezza? E come facciamo ad entrare insieme nell'immagine, piuttosto che tenere il cliente a distanza, ad aspettare che glielo spieghi
?

Permettetemi di iniziare con una citazione dal libro di James Hillman, "We've Had 100 Years of Psychoterapy and the World is Getting Worse". Hillman scrive: "se nel nocciolo dell'anima siamo immagini, allora dobbiamo definire la vita come l'attualizzazione nel tempo... di quella originante immagine primigenia, cio' che Michelangelo ha chiamato... l'immagine nel cuore, e quell'immagine - non il tempo che l'ha attualizzata- e' la determinante primaria della vita.". E poi prosegue: "io non sono il risultato causale della mia storia - i genitori, l'infanzia e lo sviluppo. Questi sono specchi nei quali posso cogliere barlumi della mia immagine.".

Naturalmente adesso vi diro' che la carta del cielo al momento della nascita non e' altro che un riflesso dell'immagine originaria dell'anima. Considerate la carta del cielo come una fotografia della volta stellata scattata esattamente nel momento e nel luogo di nascita. Un'inquadratura del cielo, che ci mostra "cio' che sta per aria" nel momento in cui siete nati. Letteralmente "cio' che sta per aria" in termini di pianeti e loro rapporti geometrici, e' "cio' che e' nell'aria" dal punto di vista delle immagini e del linguaggio specifico degli dei e dee la' sopra, e delle rispettive interazioni. Come sopra, cosi' sotto. L'immagine primordiale dell'anima individuale e' un riflesso di un determinato momento nella storia dell'Anima del Mondo che la circonda. Alla stessa stregua di un seme caduto da un albero.

La carta natale e' quindi una planimetria dell'immagine primordiale dell'anima, una mappa archetipica della psiche. Se consideriamo la carta una mappa dei modelli archetipici impressi nell'anima all'atto della nascita, allora otteniamo una sensazione del potenziale della carta quale strumento immaginativo, che ci consente l'accesso alle fondamenta della struttura psichica.

Carl Gustav Jung - vedi carta del cielo -
Carl Gustav Jung

Studiando i complessi, C. G. Jung stabili' un'importante distinzione fra gli archetipi, che costituiscono le pietre miliari della psiche, e la rete di associazioni personali che sono ad essi collegati. Un archetipo costituisce il nucleo di un complesso, mentre le nostre personali associazioni formano l'involucro che circonda questi nuclei. Ritengo che questo concetto sia molto importante per l'astrologia. Mi suggerisce l'idea che la carta natale ci offra un accesso immediato in forma simbolica ai nuclei archetipici, sebbene non al materiale personale, ai ricordi, sentimenti, esperienze, etc. che stanno attorno a questi nuclei.

La comprensione di questi concetti mi sollevo' dal terribile peso del tentativo di realizzare la fantasia dell'astrologo onnisciente. In realta', non ero costretto ad essere esperto in tutti i particolari della vita del cliente. Non avrei comunque potuto. La comprensione di questa distinzione tra il guscio ed il nocciolo di un complesso - e le sue implicazioni per l'astrologia - fu per me il punto d'ingresso nell'astrologia terapeutica.

Finalmente capii la possibilita' dell'uso della carta del cielo quale strumento simbolico, proprio come un sogno o un mandala. E' comunemente accettato che il miglior interprete di un sogno e' lo stesso sognatore. Interpretare un sogno per il consultante e' - dal punto di vista terapeutico - controproducente: indebolisce il cliente e mette il terapeuta nei panni dell'esperto, del guru. L'analista e il sognatore, collaborando insieme, cercano di trovare un significato nei simboli del sogno. L'analista e' l'esperto del linguaggio simbolico del sogno e ha la capacita' di inserire il significato simbolico di una immagine onirica nel contesto dell'esperienza di vita del sognatore.

Tenendo bene in mente questo modello, ne dovrebbe conseguire che il cliente dell'astrologo e' l'esperto finale della propria immagine dell'anima, mentre l'astrologo e' semplicemente l'esperto del linguaggio simbolico dell'astrologia. L'astrologo, come l'analista, e' insieme scienziato ed artista. La scienza dell'astrologia e' la comprensione, da parte dell'astrologo, del complesso linguaggio simbolico e delle sue infinite possibilita' d'espressione nella vita umana. L'arte dell'astrologia e' l'abilita' dell'astrologo di collegare in modo significativo le quotidiane esperienze del cliente a questo linguaggio simbolico. L'astrologo, come l'analista, puo' agire in qualita' di levatrice della personalita' che si sta schiudendo.

Prima della consultazione, sono solito spedire una lettera a ciascun cliente in cui spiego che la mia specializzazione si limita al linguaggio simbolico dell'astrologia. E ricordo che sono loro gli esperti nel campo della propria esperienza di vita. Nella lettera, descrivo inoltre il mio procedimento per esplorare insieme la carta del cielo. Gli dico che avanzero' una serie di suggerimenti sulle possibili manifestazioni di ciascun nucleo archetipico della loro carta poi che gli chiedero' di condividere con me le loro personali esperienze collegate a quel nucleo. Mentre fanno questo tipo di lavoro, rendono per me concreti e reali i simboli della carta che, diversamente, sarebbero rimasti impersonali. Essi stessi stanno spiegando a me la propria mappa piuttosto che il contrario. Nel corso di questo procedimento, io collego le loro esperienze di ogni giorno alla sfera simbolica, archetipica attraverso i simboli che si trovano nella carta. Ciascuno di noi contribuisce alla storia e, quando la nostra conversazione sara' finita, entrambi avremo avuto un'idea di come i simboli vivono e respirano nella vita del cliente. L'intrecciare la propria storia ed esperienze con la dimensione ultra-storica (archetipica) porta un po' piu' di profondita', un po' piu' di ricchezza, un po' piu' di significato e forse una nuova prospettiva nelle esperienze quotidiane.

Di norma inizio una consultazione esplorando le immagini genitoriali presenti nella carta. Se questa riflette "cio' che e' nell'aria" nel momento in cui nascemmo, allora e' ragionevole considerarla un riflesso dell'atmosfera domestica di quel momento.

Se conoscete il lavoro di Arnold Mindell, vi renderete conto del perche' io inizialmente consideri la carta come una rappresentazione dell'ossatura del rapporto genitoriale. La mappa ci mostra l'attitudine della madre e del padre, sia individualmente che collettivamente come coppia, all'atto della nascita del cliente. I pianeti maschili ci offrono alcune intuizioni relativamente all'esperienza del padre ed i pianeti femminili a quella della madre. Gli aspetti armonici ai pianeti maschili rappresentano quelle caratteristiche della personalita' paterna con le quali egli si sentiva a proprio agio, che erano bene integrate. Gli aspetti dinamici, quei settori della vita che si trovavano in conflitto, che non erano ben integrati. Lo stesso vale per i pianeti femminili e la madre (sono certo di non dire nulla di nuovo per la maggior parte di voi).

Quando si esaminano cosi' molte carte, si comincia a vedere che esse rappresentano l'eredita' psicologica dei genitori. Qualsiasi cosa essi abbiano realizzato, sia individualmente che assieme, ci viene trasmesso come un dono, qualcosa che opera con facilita' a nostro favore. Cio' che essi non hanno realizzato, ci viene tramandato come compito della nostra esistenza. Mi piace cio' che Jung affermo' nella sua autobiografia in merito all'influsso genitoriale. "Ho la netta sensazione di essere sotto l'influenza di cose o problemi che furono lasciati incompiuti o senza risposta dai miei genitori, dai miei nonni, e anche dai miei piu' lontani antenati. Spesso sembra che vi sia in una famiglia un karma impersonale che passa dai genitori ai figli. Mi e' sempre sembrato di dover rispondere a problemi che il destino aveva posto ai miei antenati e che non avevano ancora avuto risposta; o di dovere portare a compimento, o anche soltanto continuare, cose che le eta' precedenti avevano lasciate incompiute." (Ricordi, sogni, riflessioni di C. G. Jung).

Il fatto che i genitori ci creino, biologicamente e psicologicamente, e' vero e non vero allo stesso tempo. Ci sono diverse tradizioni esoteriche (Platone, etc.) che indicano che siamo noi stessi a scegliere il tempo, il luogo e le circostanze della nascita. Scegliamo i genitori per riflettere, per tradurre in atto, per imprimere su di noi le complessita' del destino individuale.

Mi piace questa idea. Essa ci consente - sia che crediamo o meno alle vite passate come avvenimenti in senso letterale - di inserire quella che e' la nostra esperienza della famiglia d'origine nel regno degli archetipi, nella sfera del gioco divino. E' possibile immaginare i genitori come messaggeri che ci portano le caratteristiche ed il sapore degli dei nella forma di un complesso lavoro teatrale, rappresentato a nostro beneficio.
Mi rendo conto che tutto cio' e' molto astratto e teorico, sicche' permettetemi di produrre un esempio esaminando la carta natale di qualcuno che probabilmente tutti ben conoscete. Vorrei trasmettervi il significato dei genitori in qualita' di divini messaggeri che agiscono, che recitano per noi le complesse energie archetipiche di cui e' composta l'immagine dell'anima. Sto di proposito utilizzando la carta di qualcuno che e' assai noto alla maggior parte di voi; non intendo avanzare nuove interpretazioni astrologiche. Il mio intendimento e' di mostrarvi come utilizzo il materiale che e' gia' a nostra disposizione.

Nella carta di C. G. Jung troviamo un quadrato tra Sole e Nettuno. Il Sole rappresenta il padre, il Vecchio Re nell'alchimia e Nettuno rappresenta l'oceanico, l'estatico, il regno di Dioniso, l'irrazionale, l'immaginifico. La quadratura tra questi pianeti fa pensare alla mancata integrazione, da parte del padre di Jung, della sfera nettuniana.
Poiche' stiamo esaminando tramite la carta del cielo l'immagine che Jung ebbe di suo padre, questo aspetto indica inoltre la consapevolezza che egli ebbe del fallimento paterno nell'integrazione del regno di Nettuno. L'immagine fondamentale del padre sara' caratterizzata dall'espressione negativa di Nettuno. L'esperienza che avra' fatto del padre sara' stata quella di un uomo debole, ferito, deludente, sofferente. Sappiamo che il Sole quadrato a Nettuno puo' essere percepito in forma del padre alcolizzato, del padre che annega i dispiaceri nell'alcol, oppure del padre malato o del padre idealizzato che alla fine cade dal piedistallo o del padre assente che non riusciamo a ricordare con chiarezza e la cui immagine e' nebulosa ed indistinta. L'immagine essenziale e' quella del padre che rappresenta un ego con un buco che si apre all'interno e all'ingiu', verso l'irrazionale e che egli ha paura di esplorare.

Dalla lettura dell'autobiografia di Jung sappiamo che cio' e' vero riferito a suo padre. Dovrei a questo punto fermarmi a ricordare che il padre di Jung era un pastore protestante, un "povero curato di campagna" per dirla con le parole dello stesso Jung. Egli cosi' scrive: "Ero sicuro che qualcosa di specifico lo tormentasse, probabilmente in relazione con la fede: tante sue allusioni mi avevano convinto che fosse angosciato da dubbi religiosi. Questo poteva accadere soltanto, secondo me, se gli mancava la necessaria esperienza." (pag. 126). Ed ancora: "M' assali' una grande pieta' per mio padre. D' un tratto avevo capito la tragedia della sua professione e della sua vita" (pag. 85). "Ero deluso e perfino indignato e ancora una volta provai molta pieta' per mio padre che era caduto preda di questo feticcio". Tutto questo e' il linguaggio di Nettuno: pieta', tragedia, delusione, vittima...

Dal punto di vista immaginativo, archetipico, questo padre ferito e' il Re Pescatore, il guardiano del Santo Graal, egli stesso un sacerdote che passa alla generazione successiva la necessita' della ricerca dello spirito. Un giovane cavaliere, un Parsifal, e' necessario per restaurare sia il Re Pescatore che il regno, diventato una terra sterile.
Jung stesso alluse a suo padre come Amfortas, riconoscendo cosi' in lui il Re del Graal. Scrisse: "Il ricordo di mio padre e' quello di un uomo che soffre, colpito da una ferita come Amfortas, un "re pescatore" la cui ferita non voleva guarire" (pag. 261). Anche i dubbi religiosi del padre furono per Jung di notevolissimo interesse personale. Riferendosi a lui, cosi' scrisse: " ... aveva scoperto d'esser deluso del suo matrimonio. ... e' comprensibile che in seguito tutte queste difficolta' dovessero finire con lo sconvolgere la fede di mio padre." (pag. 125).

Leggendo l'autobiografia si ha l'impressione che il padre fosse convinto che se avesse veramente avuto un buon rapporto con Dio, allora avrebbe dovuto godere di un meraviglioso e felice matrimonio.

Il fatto che cosi' non fosse fu interpretato come un qualche fallimento religioso. Nella carta del cielo di Jung il Sole - che rappresenta il padre, il vecchio re - si trova nella VII^, la casa del matrimonio. Sicche' dalla carta natale si trae l'indicazione circa il proprio personale interesse alla sensazione di fallimento del padre. Nettuno quadra il Sole in casa VII^.

Consentitemi di aggiungere un altro aspetto a questa nostra disamina. Non intendo qui fare un completo esame caratteriale di Jung, ma solo fare alcuni brevi esempi. Il femminile riveste un ruolo importante nel mito del Graal. Il Re Pescatore e' ferito alla coscia o talvolta addirittura castrato, il che suggerisce una sessualita' ferita od un rapporto ferito con il femminile, con la natura, con l'istintualita'. Nella mappa di Jung il Sole, che rappresenta il padre, e' in quadratura (in conflitto) con la Luna, che rappresenta la madre.
La madre di Jung era l'incarnazione dell'istintuale: la Luna si trovava in Toro, segno di terra, congiunta a Plutone, il signore degli Inferi. Jung descrisse la madre in questi termini: "ella era, in un certo qual modo, ancorata ad un fondo invisibile, che pero' non mi appariva mai come fiducia nella fede cristiana, ma piuttosto connesso con gli animali, gli alberi, i monti, i prati, i corsi d'acqua, tutte le cose che stranamente contrastavano con la sua apparenza cristiana e con la sua convenzionale professione di fede... Mai mi passo' per la mente quanto "pagano" fosse tale fondamento." (pag. 124). "Di giorno era una madre amorevole, ma di notte mi appariva inquietante: era come una di quelle veggenti che sono al tempo stesso uno strano animale, come una sacerdotessa nella grotta di un orso. Arcaica e spietata, spietata come la verita' e la natura." (pag. 79). Sicche' l'immagine della madre e' quella della fattucchiera, Kali', Circe, la madre oscura, l'incarnazione dell'anima. Essa incarnava tutte le caratteristiche che il padre aveva disperatamente bisogno di integrare.

Fra un momento ritornero' ancora ai genitori di Jung. Cio' che mi preme trasmettervi e' la sensazione del come Jung percepi' tutti gli elementi del mito del Graal che circolavano dentro casa. Egli si trovava dentro il mito, ed aveva una propria parte da recitare. La scena era gia' approntata quando nacque.
E' ovviamente facile esaminare un tema di natalita' in retrospettiva, ma cio' che mi preme e' che voi pensiate, per esempio, a come avreste potuto utilizzare il tema di Jung se egli fosse venuto da voi all'eta' di 20 anni per parlarvi del suo rapporto con il padre.

Molti di coloro con questo aspetto di quadratura fra Sole e Nettuno mi dicono che sono stati in analisi per anni nel tentativo di capire il proprio padre. Sappiamo che in questi casi l'immagine del padre e' per propria natura nebulosa, difficile da afferrare, incisa nell'inconsistenza. A questo punto possiamo rimandarli al mito del Graal, dove Parsifal impiega la sua vita alla ricerca dell'illusorio castello in cui vive il Re del Graal. Possiamo inoltre accennare alla figura di Proteo o ad altre figure oceaniche rappresentate come mutevoli e cangianti, per dare al cliente la sensazione di questa sfuggevolezza.
Possiamo inoltre avanzare l'ipotesi che il punto di partenza per capire il padre non si trovi nel tentativo di rendere concreta la sua immagine, ma che potrebbe essere piu' utile accettare e risiedere nell'immagine come ci viene trasmessa dalla psiche. Restare attaccati all'immagine, come disse Jung. Devono entrare nel regno di Nettuno per raggiungere il padre, devono entrare nel regno di Dioniso, l'irrazionale. Come e' noto, Jung ci riusci' bene. Molti di coloro con questo aspetto di quadratura fra Sole e Nettuno mi dicono che sono stati in analisi per anni nel tentativo di capire il proprio padre
.

il dio Nettuno
il dio Nettuno

Sappiamo che in questi casi l'immagine del padre e' per propria natura nebulosa, difficile da afferrare, incisa nell'inconsistenza. A questo punto possiamo rimandarli al mito del Graal, dove Parsifal impiega la sua vita alla ricerca dell'illusorio castello in cui vive il Re del Graal. Possiamo inoltre accennare alla figura di Proteo o ad altre figure oceaniche rappresentate come mutevoli e cangianti, per dare al cliente la sensazione di questa sfuggevolezza.

Possiamo inoltre avanzare l'ipotesi che il punto di partenza per capire il padre non si trovi nel tentativo di rendere concreta la sua immagine, ma che potrebbe essere piu' utile accettare e risiedere nell'immagine come ci viene trasmessa dalla psiche. Restare attaccati all'immagine, come disse Jung. Devono entrare nel regno di Nettuno per raggiungere il padre, devono entrare nel regno di Dioniso, l'irrazionale. Come e' noto, Jung ci riusci' bene.

Consideriamo ora brevemente un altro aspetto presente nel tema di Jung. Egli aveva la Luna in aspetto a Plutone, Saturno ed Urano; e' una combinazione assai complessa. Ma non occorre neppure sapere in che segno o in che casa si trovino per avere qualche idea dell'immagine materna presente nella sua psiche. Plutone e' un vulcano che vomita materiale incandescente proveniente dal basso. Saturno e' un coperchio posto sul vulcano ed Urano e' l'imprevedibile interruttore che controlla il coperchio. Ovviamente queste sono immagini molto semplificate, ma in effetti non occorre conoscerne molto di piu' in astrologia per inquadrare un quesito sull'immagine della madre.

Se Jung da giovane fosse venuto a consulto, probabilmente non si sarebbe sentito molto a suo agio nel parlare degli escrementi che galleggiano in superficie (un'immagine appropriata, dal momento che Plutone governa gli spurghi, le acque luride ecc.) allorche' la sua emotivita' (Luna) bloccata (Saturno) improvvisamente irrompeva (Urano) attraverso la diga. Mi viene in mente il sogno della massa di sterco che cade sulla chiesa e i suoi "cattivi" pensieri su Dio. Scrisse qualcosa su queste esperienze solo quando aveva 60 anni o giu' di li'.

Ma che cosa sarebbe successo se, armati di qualche piccola conoscenza derivante dalla carta del cielo, gli aveste chiesto di sua madre? Se gli aveste chiesto se lei avesse qualche cosa di profondamente oscuro che di tanto in tanto irrompeva fuori, credo che avrebbe esattamente capito di che cosa stavate parlando. Se rammentate le precedenti citazioni riguardanti la madre, ne parlava come se avesse due personalita', "una innocua, umana, l'altra inquietante. Quest'ultima si manifestava solo di tanto in tanto, ma ogni volta inattesa, e tale da incutere timore." (pag. 77-78). Sicche' avrebbe certamente saputo in che cosa consisteva quel tipo di energia, l'aveva vista in faccia. Probabilmente e' piu' facile avvicinarsi agli aspetti della Luna con Plutone, Saturno ed Urano del tema di Jung passando attraverso l'immagine della madre piuttosto che partendo direttamente dalle sue quotidiane esperienze emotive. Cio' potrebbe condurci all'esame della personalita' numero uno e numero due cosi' come sentite da Jung.
Se riportiamo la sua esperienza di Plutone o di Urano o di Nettuno ecc. alla sua esperienza della madre o del padre, gliela oggettiviamo; ora puo' immaginare gli archetipi che circolano e che parlano attraverso qualcuno. Ritengo che questo sia il motivo per cui Omero rappresentava sempre gli dei e le dee travestiti in forma umana allorche' essi visitavano i personaggi delle sue storie. Raramente incontriamo gli dei in visioni accecanti, li incontriamo piuttosto tramite le personalita' dei nostri genitori, amici, coniugi.

Aprire una consultazione esplorando l'immagine genitoriale e' utile per una serie di motivi. Ci da' un punto d'ingresso oggettivo - e pertanto piu' sicuro - nella storia del cliente. Questi vengono da me muniti di ogni sorta di interessanti aspettative: secondo loro, dovrei sapere tutto. Probabilmente gli so leggere il pensiero, forse qualcosa di terribile sta per accadere in futuro ed io glielo vado a dire. O peggio ancora, forse so gia' che qualcosa di tremendo gli sta per succedere ma io non intendo rivelarglielo. Credono di entrare, sedersi, incrociare le braccia ed essere stupefatti dalle rivelazioni che ho in serbo per loro ed invece la prima cosa che faccio e' di fare domande sui genitori. E mentre beviamo una tazza di te' parliamo lungamente dei genitori.
La discussione sui genitori mette il cliente in rapporto alla propria eredita' psicologica, alla storia familiare prima di loro. E' pero' importante ricordare che non ci troviamo su un sito di scavi archeologici e che non stiamo cercando le cause dei problemi nel rapporto con i genitori: ci troviamo invece su un sito di scavi archetipici. In realta' vogliamo ritornare alla loro storia e poi esaminarla attentamente. Cio' che voglio fare e' cercare di collocare l'esperienza familiare nella sfera archetipica, nel regno dell'immaginazione, nel regno del gioco divino.

Immaginate un cliente che abbia il Sole quadrato a Nettuno. Mi ha appena incontrato per la prima volta ed ha solo un'ora e mezza, due ore da trascorrere insieme per esaminare il tema di natalita'. E' venuto per "farsi fare l'oroscopo". Come faccio a raggiungere il nucleo essenziale della sua esperienza della quadratura Sole/Nettuno se non ci occupiamo dei genitori? Quanta sottile diplomazia dovro' impiegare per riuscire a mettere il cliente a proprio agio al punto da permettergli di aprirsi circa le piu' intime esperienze del Se'? E piu' importante ancora, quanto tempo ci vorra'?
Naturalmente, posso porre loro domande in merito all'intuizione e la creativita': cio' e' abbastanza confortevole. Pero' quando mi addentro nella sensibilita', nella loro vulnerabilita' - un problema centrale - fin dove riusciro' ad addentrarmi? Jung parla spesso del suo sovrastante senso di inferiorita' quando era giovane. Se il Sole rappresenta il senso centrale della propria identita', l'ego, e l'oceanico Nettuno gli si inserisce dentro come una spina nella presa, come ci si sentirebbe? "Come ci si sente ad avere l'ego che ti scivola via da tutte le parti? Ha mai provato una fugace paura di annegare? O la sensazione di trovarsi nelle sabbie mobili?" Sono dolorosamente franco per ottenere il massimo dell'efficacia. E sono certo che potreste sentire le porte della psiche che, chiudendosi, sbattono. "No, non credo davvero. Non mi riconosco affatto."

In effetti posso - e spesso lo faccio - porre alcune di queste domande in modo rude, usando quelle stesse parole, dopo un'ora di consultazione e dopo aver prima esplorato le ferite del padre. Abbiamo portato la ferita nella stanza di consultazione e tutti e due sappiamo di che si tratta. Si', e' qualcosa che ben conosciamo, ed e' vero, e' anche dentro di me, so che cosa si prova. E' piu' facile vederla prima all'esterno, in qualche forma oggettiva. I genitori costituiscono un ponte tra il mondo oggettivo ed il mondo soggettivo. Sono qualcun altro ma sono anche il nostro sangue e la nostra carne.

Dopo aver esplorato la ferita del padre e la natura di Nettuno come archetipo, siamo in possesso degli ingredienti per ricomporre il senso di inferiorita' del cliente nel quadro di un significativo contesto archetipico. Il padre ha trasmesso il buco aperto verso l'interno e verso il fondo che e' presente nella propria anima. Non e' un piacevole legato: in effetti e' per sua natura molto doloroso e disorientante. Questo senso di inferiorita', questo senso profondamente avvertito di non essere reale, di non avere un Se', di essere nel mondo ma non del mondo, e' collegato all'immagine interiore del padre che a sua volta e' collegata all'archetipo di Nettuno. Vedete come la rielaborazione puo' avvenire per conto suo? L'archetipo del Cristo crocefisso viene trasmesso tramite la ferita del padre, o del Re Pescatore. E' colpa del padre se abbiamo un piede nell'oceano; Dioniso e' vostro padre. Ci sono molti modi per avvicinarsi all'archetipo.

Si possono collegare le esperienze correnti alla nostra storia e poi trasferirle oltre la storia. Non solo noi convalidiamo le esperienze correnti, ma diamo inoltre al cliente una nuova prospettiva sia su quelle che sulla loro storia.
L'unico punto che non ho ancora sottolineato ma che lo necessita prima di finire e' che, a prescindere da quanto bene conosciate i simboli planetari, non e' possibile sapere i dettagli che costituiscono l'esperienza del soggetto della madre o del padre. Sarete sempre sorpresi dalle particolarita' dell'espressione veramente unica di una configurazione archetipica. Ad esempio, si potra' capire che il padre era ferito dal punto di vista spirituale se e' presente la quadratura tra Sole e Nettuno, e si potra' azzardare un'ipotesi basata sull'esperienza e sulla natura della ferita se consideriamo i segni e le case coinvolti. Ma cio' vi pone nei panni dell'esperto, del divinatore, dell'indovino. Quando consideriamo piu' importante impressionare i clienti piuttosto che curarli, allora rendiamo loro un cattivo servizio. Il punto non sta nel cercare di raccontare qualcosa sulla madre o sul padre del consultante, bensi' nel porre domande che aprano la conversazione nella direzione indicata dai simboli presenti nel tema di natalita'.

Ci sono tante implicazioni che non ho avuto modo di affrontare e tanto materiale che ho trattato troppo rapidamente. Di certo non ho reso giustizia al tema di Jung in questa breve discussione, pero' se avrete percepito l'idea che i semi del suo destino archetipico gli furono trasmessi per mezzo dei genitori, allora i miei sforzi avranno avuto successo.
Consentitemi di riassumere dicendo che l'esame dei genitori attraverso i simboli del tema di natalita' ci fornisce un modello pratico, oggettivo, vivente, utile per riflettere sul sottile e complesso mondo archetipico che e' in noi. Questo approccio vede oltre il prevalente punto di vista secondo cui si cresce malgrado l'influsso genitoriale, e se solo potessimo superare le carenze nell'educazione ricevuta, potremmo probabilmente ritornare ad essere individui completi. Ma noi diventiamo completi non malgrado le ferite dei genitori, bensi' proprio a causa di queste ed attraverso esse. Gli analisti di scuola archetipica affermano che incontriamo gli dei attraverso le nostre stesse ferite, ma le ferite fanno parte di un legato: ci troviamo sulle spalle di giganti feriti.

 

 

**************************************************

Tratto dal sito http://www.archetypalastrology.com/

 

Bibliografia

Hillman, J. : Archetypal Psychology. Dallas, Texas, 1985 Hillman, J.: We've Had A Hundred Years of Psychotherapy And The World Is Getting Worse. New York, New York, 1992

Jung, C. G.: Memories, Dreams, Reflections. New York, New York, 1965


se hai bisogno di aiuto:
 
OCC Live Chat Support

hic manebimus optime - motto di FISA -