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il dio Marte

 

CONSIDERAZIONI SUI SEGNI SOLIDI

di Giuseppe Bezza

 

I segni dello zodiaco hanno diverse denominazioni in accordo alle diverse nature che gli astrologi hanno riconosciuto in loro. Queste nature o sono per se' o sono in rapporto ad altro: le prime dipendono unicamente dal moto dello zodiaco, le seconde dalle relazioni che con i segni hanno i due luminari e i cinque astri erranti.

La prima divisione dei segni per se' e' quella che Tolomeo ricorda e costituisce la loro prima denominazione qualitativa: i segni sono distinti in mobili, solidi, bicorporei. Ad essa seguira' la divisione per genere, maschile e femminile. Questa prima divisione dei segni e' in primo luogo una distinzione qualitativa del tempo, di cui lo zodiaco vuole essere misura; ma in secondo luogo puo' essere assunta come una differenziazione qualitativa delle diverse parti dello zodiaco. D'altro canto, circa tre secoli prima dell'evidenza di una letteratura astrologica erudita e matematicamente fondata, abbiamo testimonianza dell'uso dei segni zodiacali come misura temporale nei parapegmata di Metone ed Euctemone.

Diviso l'anno in quattro parti secondo i solstizi e gli equinozi, ciascuna di esse deve avere un proprio, distintivo temperamento. Questo temperamento, poiche' e' generato nel tempo, deve avere un'insorgenza e una dissoluzione e, tra questi due estremi, vi ha da essere necessariamente un medio che costituisca l'espressione che meglio conviene alla semplicita' del temperamento medesimo.
Bisogna notare che delle due divisioni primarie, quella che dipende da qualcosa che e' altro da se' costituisce la parte piu' tecnica dell'arte astrologica e puo' non essere accolta da tutti gli uomini di scienza, non da tutti i filosofi. Per questo motivo, Keplero, ad esempio, e Placido Titi la rifiutarono a loro tempo. Al contrario, la divisione che si fonda su distinzioni qualitative del tempo non abbisogna di argomentazioni inerenti alla tecnica astrologica. Per questo motivo fu generalmente accettata anche al di fuori dell'ambito astrologico. Una compilazione medica di ispirazione pitagorica dice che la parte mediana di ogni stagione esprime il temperamento piu' puro (thn eilikrinhstathn... krasin) )[1] e negli scholia agli Aratea di Germanico, che non e' un testo astrologico, possiamo leggere la definizione del to poion, delle nature effettrici di questi diversi temperamenti dei segni:

i segni tropici presiedono alle terre straniere e presentano di volta in volta impulsi e propositi affatto diversi; i segni biformi significano la ripetizione di ogni cosa generata e talora ritardi e rinvii; i solidi portano a compimento con energia e con ardore e conducono all'esito ogni cosa, sia prospera od avversa, secondo che sono osservati da stelle giovevoli o contrarie [2]

Sappiamo che i segni dello zodiaco hanno ricevuto un gran numero di denominazioni: nella letteratura di lingua greca se ne contano diverse centinaia. Ogni denominazione rivela un particolare comportamento o modo d'essere; e puo' riferirsi al segno matematico e immateriale (dwdekathmorion), al segno materiale composto di stelle e di figure (eidwlon, zwdion), al segno in quanto espressione di una natura elementare (stoiceion) e, infine, alla natura che il segno assume per il suo rapporto con i pianeti. Di tutte queste denominazioni, quelle che rilevano dal tempo, le sole che qui ci interessano, appartengono al primo tipo e il loro comportamento e' descritto nel capitolo del Quadripartitum ove Tolomeo tratta dell'animo umano.

Per comprendere questo capitolo e' necessario riandare alla teoria greca dell'anima o, meglio, a quanto Tolomeo recepisce di questa teoria. Nel Manuale di armonia, Tolomeo propone due distinzioni tripartite dell'anima, la prima delle quali e' aristotelica e puo' essere definita, secondo Alessandro d'Afrodisia, nel modo seguente:

 

- nutritiva o sensitiva

- vegetativa o appetitiva

- razionale o intellettiva

La prima comprende le facolta' proprie della pianta, la seconda quelle che sono proprie dell'animale, la terza concerne quelle sole che sono dell'essere umano. Ora, le facolta' dell'anima devono essere pari in numero agli accordi consonanti, quali sono codificati dalle leggi dell'armonia, in modo che le facolta' delle funzioni inferiori, essendo parziali, corrispondano alle specie degli accordi parziali, ovvero di quarta e di quinta. Vi e' quindi un intimo rapporto, secondo il matematico alessandrino, tra gli intervalli consonanti e le parti dell'anima: l'ottava si accorda alla funeione razionale dell'animo, giacche' in entrambe vi e' il semplice, l'uguale, l'indiviso; la quinta alla facolta' sensitiva, la quarta alla facolta' vegetativa. Queste analogie sono poste da Tolomeo nel modo che segue:

Tre sono le parti principali dell'animo: l'intellettiva, la sensitiva, la vegetativa e tre sono i primi intervalli omofoni e consonanti: l'ottava omofona e la quinta e la quarta consonanti. Ora, l'ottava si accorda alla facolta' intellettiva, poiche' in entrambe vi e' soprattutto il semplice, l'uguale e l'indiviso, la quinta alla facolta' sensitiva, la quarta alla facolta' vegetativa. Invero, la quinta e' piu' prossima all'ottava che non la quarta, in quanto piu' consonante, poiche' il suo eccesso la rende piu' vicina all'uguaglianza ed inoltre la facolta' sensitiva e' piu' vicina all'intellettiva che non la vegetativa, in quanto partecipa in qualche modo della sensazione. Infatti, dove vi e' essere non sempre vi e' sensazione, ove vi e' sensazione non sempre vi e' intelletto. Al contrario, ove vi e' sensazione vi e' anche essere, ove vi e' intelletto vi e' anche sensazione ed essere. Allo stesso modo, dove vi e' la quarta non vi e' la quinta, ne' laddove e' la quinta vi e' l'ottava; al contrario, dove vi e' la quinta, sempre vi e' anche la quarta e dove vi e' l'ottava sempre vi e' anche la quinta e la quarta, perche' le une sono proprie di commistioni e modulazioni imperfette, le altre delle perfette[3].

Ove vi e' essere non sempre vi e' sensazione, ove vi e' sensazione non sempre vi e' intelletto, ovvero: la perfezione dell'essere richiede la specificita' della causa agente, mentre l'universalita' della causa agente porta alla generazione di esseri semplici e indifferenziati. L'essere e' quindi la condizione primaria del vivere, la piu' semplice e l'operazione dei cieli che deve rispondere ad essa deve essere universale ed indifferenziata. Secondo una concezione diffusa nel Medioevo, si stimava che, per il tramite del moto della sfera piu' esterna, il primo mobile, il corpo ricevesse l'anima vegetativa e per il concorso del moto dell'ottava sfera accogliesse in se' le funzioni dell'anima sensitiva. Queste opinioni sono condannate da S. Tommaso[4] e tuttavia saranno riprese in modo positivo fino al XVII secolo[5].

Si tratta tuttavia di una concezione che non e' estranea alla tripartizione tolemaica dell'animo in questo: il cerchio che, nel suo moto, genera distinzioni qualitative parziali, non puo' che generare le funzioni inferiori dell'animo. E questo cerchio e' il primo mobile, che trascina lo zodiaco nella sua rotazione annua e diurna. Sempre nel Manuale di armonia, Tolomeo dice che questo cerchio si muove secondo un ritmo ternario, in accordo all'anima vegetativa e secondo un ritmo quaternario, in accordo all'anima sensitiva. In effetti, da null'altro le dodici parti dello zodiaco hanno ricevuto le loro qualita', se non per il tramite degli intervalli di quarta e di quinta: tramite l'intervallo di quarta i segni sono distinti in mobili, solidi e bicorporei, tramite l'intervallo di quinta in segni elementati: ignei, terrei, aerei e acquei.

Pertanto, e questa e' la prima conclusione, le funzioni dell'anima vegetativa possiedono tre facolta', uguali in numero alla prima distinzione qualitativa dei segni: la facolta' del crescere, dell'esercitare forza e vigore, di declinare e decrescere. Per contro, le funzioni dell'anima sensitiva possiedono quattro facolta', uguali in numero alla seconda distinzione qualitativa dei segni: la vista, l'odorato, il gusto (essendo il tatto riconosciuto da Tolomeo comune a tutti i sensi). Queste ultime facolta' giungono al loro compimento, per usare un'espressione medievale, nell' elementatio naturę, poiche' la vista risponde al fuoco, l'udito all'aria e all'odorato, al gusto, al tatto l'acqua e la terra [6].

Crescita, vigore, declino sono pertanto qualita' dei segni dello zodiaco in ciascuna delle quattro parti dell'anno: il crescere e' proprio del segno tropico, che da' inizio al tempo nuovo, il vigore del solido, che questo tempo conferma, il declinare del bicorporeo, che e' cosi' definito poiche' gia' partecipa del tempo futuro. Il loro significato proprio e' concisamente definito da Leopoldo: "I segni tropici significano la rapidita', i solidi la stabilita', i bicorporei l'alterazione"[7].

In effetti Tolomeo mostra la diversa natura di questi segni (come pure di quelli distinti per genere) in virtu' del moto del Sole: "Questi segni presero nome dall'evento che in essi si produce"[8], e Ibn Ridwan insiste su questo punto: Noi possiamo sapere le virtu' dei segni solo grazie al mutamento che il Sole opera in essi. Da questa premessa, ne trae una conclusione: "I segni non hanno per se' alcun effetto naturale, ma il loro effetto consiste nel mutamento che la virtu' del Sole opera in essi e inoltre dalla virtu' delle altre stelle quando li attraversano. I segni, pertanto, ci appaiono come materia, le stelle come forma"[9]. Al modo medesimo di Tolomeo, Alcabizio nel suo "Introductorium" e AbuMa'sar descrivono la natura di questi segni: il Sole nei tropici manifesta il mutamento del tempo (intiqal az-zaman) e i segni tropici sono cosi' chiamati (munqalabah) poiche' in essi vi e' il mutare, il trasformare (qalaba); i segni solidi manifestano la forza del tempo (quwwa az-zaman)[10].

A questa separazione tra influsso indifferenziato e universale e influsso specifico conviene la distinzione primaria, nell'astronomia medievale, tra orbis totalis e orbis partialis: la prima e' ogni orbita concentrica che ha per centro il centro della Terra (centrum mundi), la seconda ogni orbita eccentrica il cui centro e' un punto geometrico che non coincide con il centro della Terra. Orbes partiales sono tutte le sfere planetarie, gli eccentrici e gli epicicli, mentre l'orbis totalis per eccellenza e' il primum mobile[11]. Nel medioevo molti ritennero che in virtu' del moto della sfera piu' esterna, il primum mobile, il corpo assumesse l'anima vegetativa, mentre con il concorso del moto dell'ottava sfera giungessero al corpo le facolta' dell'anima sensitiva. Questa opinione e' rifiutata da S. Tommaso[12] e nondimeno viene ricordata positivamente fino al XVII secolo [13].

Questa concezione non e' tuttavia estranea alla tripartizione tolemaica dell'anima in questo: i moti piu' semplici devono convenire con le parti piu' basse dell'anima. Dice inoltre Tolomeo che questi moti presentano un ritmo ternario nell'anima vegetativa, un ritmo quaternario nell'anima sensitiva. Vi sono pertanto tre facolta' per l'anima vegetativa: il crescere, il vigore e il declinare e quattro per l'anima sensitiva: vista, udito, olfatto, gusto (il tatto a tutti i sensi essendo comune). Queste ultime facolta' si realizzano nell'elementatio naturae, poiche' all'udito risponde l'aria, alla vista il fuoco, all'olfatto, al gusto e al tatto l'acqua e la terra[14]. Quanto alle prime, si esprimono nel moto piu' semplice, che tutti gli altri moti comprende ed abbraccia: un moto che deve essere percepibile ai sensi, definibile per misura e per qualita', come e' dei periodi naturali del tempo: l'anno e il giorno.

Sono inoltre qualita' delle case della figura astronomica in ciascuno dei quattro quadranti e del ciclo sinodico lunare, come si puo' evincere dal capitolo del quadr. che tratta dei segni maschili e femminili[15]. Questo significa, ed e' qui una prima conclusione, che le facolta' dell'anima vegetativa abitano nei periodi naturali del tempo e si muovono in essi non secondo un modo continuo, ma diastematico, secondo gli intervalli propri dell'accordo di quarta. Ne consegue che il corpo stesso, qualora lo volessimo dividere in tre parti, potra' adattarsi a questa tripartizione dei segni. Ai segni tropici il limite esterno delle membra: la cute e l'epidermide e le parti carnose, onde Tolomeo[16] dichiara che le malattie della pelle nascono massimamente quando la Luna si muove nei segni solstiziali ed equinoziali; ai solidi le parti piu' solide e dure, quali sono le ossa ed essi sono invero concausa delle gibbosita', claudicazioni, lussazioni e fratture; ai bicorporei, infine, le parti piu' minute, quali le vene e i nervi e lo scorrere stesso degli umori, che sono sottili e assumono varii stati; e vediamo ai bicorporei essere riferite affezioni quali la chiragra e la podagra.
l'Universo Tolemaico
L'Universo tolemaico

Questa tripartizione dei segni e' elencata da Serapione di Alessandria nell'equazione: bicorporea = nervosa, tropica = carnosa, ossea = solida[17].

Nel giudizio che Tolomeo da' di questa triplice natura dei segni in connessione ai moti dell'anima, egli esprime virtu' che son proprie dell'animo umano, non dell'animale o della pianta. In altre parole, egli moralizza le facolta' dell'anima vegetativa ed esse risultano essere virtu', che nel Manuale di armonia aveva descritto nella triade: temperanza, continenza, pudore.

In generale, i segni tropici rendono gli animi acconci a trattare le pubbliche faccende, desiderosi degli uffici civili ed inoltre ambiziosi, dediti al culto, ingegnosi, solerti, indagatori, atti alla ricerca, abili al congetturare e divinatori ed astronomi. I segni bicorporei rendono gli animi multiformi, mutevoli, difficili a conoscere, instabili, che mutano volentieri proposito, doppi, sensuali, versatili, amanti della musica, tardi, di pronta percezione, inclini al rimpianto e al malcontento. I segni solidi rendono gli animi giusti, alieni dall'adulazione, costanti, coerenti, atti a intendere bene e prontamente, tolleranti, laboriosi, rigidi, moderati, memori delle ingiurie subite, solleciti nel compiere, contenziosi, ambiziosi, sediziosi, avidi, duri, inflessibili.

Tutte le analoghe definizioni delle qualita' effettrici di questi segni, delle quali la letteratura astrologica e' ricchissima, non seguono di norma un'esposizione secondo la loro successione temporale, ma danno prima gli estremi, quindi il medio. Questa qualita' media e' bene espressa dal segno solido e, nei giudizi che sono riferiti alle iniziative, la loro facolta' propria, che e' del mantenere e dell'esprimere con forza, e' assai piu' evidente. Citiamo ad esempio dalla compilazione sui segni tropici, solidi, bicorporei ascritta ad Orfeo, e che dovrebbe verisimilmente essere posta sotto la paternita' di Teofilo di Edessa:

Quattro sono i segni solidi: Toro, Leone, Scorpione, Acquario. Nei segni solidi i possedimenti e gli acquisti sono sicuri. In segno solido devi prender moglie e la sua dote. Nei segni solidi devi dare alla luce il risultato dei tuoi lavori, si compiono infatti i propositi. Certa nei segni solidi e' la separazione dalle donne, chi fugge non fara' ritorno, ne' il ladro verra' trovato a tempo e la partenza dal proprio paese e' cosa sicura. Chi diviene ostile nei segni solidi, si riconciliera' tardi. Nei segni solidi la sentenza e' certa e i giusti non si ribellano. Perniciosa e' la malattia nei segni solidi: o porta la morte o allunga il morbo, se non termina entro sette giorni. Infausti sono i ceppi nel segno solido, poiche' chi si e' adirato non muta sentimento. Se qualcuno vorra' offrire denaro nei segni solidi, non lo dara'. Nei segni solidi si dia inizio a intrattenimenti virtuosi, alla musica. E' conveniente nei segni solidi scrivere contratti, poiche' le scritture saranno oneste. Chi serve come soldato nei segni solidi, rimarra' assolutamente nella propria milizia e non passera' sotto un altro generale. Nei segni solidi si deve dare inizio a celebrazioni, danze e ad ogni cosa opportuna e vantaggiosa, allo stesso modo che nei tropici si deve cominciare quanto e' incommodo e ordinario, giacche' cio' che nasce nei solidi permane stabile e nei tropici e' soggetto a mutamento. Queste cose significano i predetti segni quando sorgono e quando contengono la Luna[18].

Il segno solido e' detto in greco stereon, che esprime l'idea di solidita', compattezza e durezza ed ha pertanto l'accezione morale di robusto, vigoroso, energico ed altresi' di rigido e crudele. Nell'astrologia indiana il termine fu tradotto con l'equivalente sthira, che ha come significati metaforici "cio' che e' privo di dubbio e quindi certo, fedele"[19]. Piu' raramente troviamo il termine dhruva, la cui accezione prima e' "cio' che e' fisso, immobile" ed e' anche il nome della stella polare e del polo celeste medesimo. Nell'astrologia di lingua latina viene reso con solidum, onde lo possiamo considerare termine tecnico del lessico astrologico. Soltanto a partire dal medioevo troviamo l'aggettivo fixum, che e' un calco dall'arabo thābit, che proviene non gia' dall'accezione prima del termine arabo, ma dalla denominazione delle stelle fisse in arabo: al-kawākib al-thābitāt. In arabo, il termine thābit ha una grande ricchezza di accezioni, che convengono al significato medesimo che la letteratura astrologica ha assegnato ai segni solidi. Esso significa cio' che e' stabilito, fermo, costante e significa l'uomo che ha sangue freddo, che si muove di un passo fermo. Thābit e' aggettivo verbale di thabata, che significa il perseverare in una cosa, consolidare, resistere a qualcuno e lottare contro qualcuno. Ed altresi': stabilirsi, fissarsi da qualche parte, l'agire con lentezza, ma altresi' l'effettuare, il compiere una cosa. Ed ancora: l'essere legato, attaccato a qualcosa, l'avere pazienza, longanimita', il trovare che qualcosa e' buona e vera. D'altro canto, thabt e' la fermezza di cuore e athbāt sono gli uomini sicuri, sui quali si puo' contare. Possiamo infine notare che la caratteristica dei segni solidi di rifuggire dall'adulazione trova un perfetto riscontro nel termine istithbāt, che viene pur sempre da thabata e denota la figura retorica che consiste in cio' che sembra esser detto a mo' di rimprovero e che contiene in realta' un elogio. Si deve osservare che l'accezione di "certo" e di "vero" che troviamo espresse nell'accezione stessa del segno solido, e' sovente affermata nei testi astrologici. Degli undici modi che certificano il prodursi degli eventi, il nono, scrive Demofilo, e' l'essere i pianeti in segno solido, giacche' allora i benefici consolidano (stereousi) il bene, i malefici il male[20]. Di nuovo, sovente leggiamo che la Luna e l'oroscopo in segni solidi fanno le cose certe, nei bicorporei le probabili, nei tropici le mutevoli e volubili[21].

Da quanto detto, appare che i giudizi connessi ai segni solidi, come pure ai tropici e ai bicorporei, rilevano da una stretta analogia col significato primo di questa tripartizione dei segni. Non e' sempre cosi' per l'insieme della letteratura apotelesmatica relativa ai segni dello zodiaco. Si mantiene stretta analogia col significato primo quando si dice che i segni maschili convengono agli uomini, i femminili alle donne. L'analogia passa attraverso una metafora quando viene detto che i segni afoni convengono alla riservatezza, gli impudichi al perdersi d'animo[22], i mutilati a quanto avviene per rapina o alle azioni condivise, quelli che hanno abbondante seme o scarso o nullo ai clienti degli avvocati, ai discepoli, quelli che hanno corna ai comandanti militari e ai pugili[23]. Si passa infine al contrasto quando si dice che i segni afoni convengono ai suonatori di tromba e di flauto[24]. Vi e' poi da notare che questa tripartizione dei segni e' iscritta in un decorso temporale, esprime qualcosa rispetto al tempo degli eventi: l'opinione comune vuole che i segni tropici significhino i giorni, i bicorporei i mesi, i solidi gli ann i[25].

Infine, poiche' la formulazione del giudizio astrologico non dipende da un solo criterio, ma da molti, non solo la mobilita' o la solidita' del segno danno la natura dell'evento. Dice ad esempio Sahl ibn Bisr che di tutti i segni tropici i piu' mobili sono l'Ariete e il Cancro, tra quelli solidi il Leone e' il piu' solido, lo Scorpione il meno solido[26]. Occorre poi notare in quali parti dei segni si trovano gli astri significanti l'evento. Scrive infatti Giuliano di Laodicea:

 

"Occorre rivolgere l'attenzione anche ai confini ovvero ai loro signori e combinarli nel giudizio complessivo. Portiamo ad esempio un solo caso: sia la considerazione riguardo a segni tropici, diciamo pertanto che vi e' un mutamento; ma nei confini di Saturno con lentezza, in quelli di Giove o di Mercurio dopo poco tempo, in quelli di Marte inaspettatamente e all'improvviso, in quelli di Venere non senza scoramento; e se i signori sono in segni o confini solidi o stazionano, cio' conviene alla lentezza, se in tropici o se non stazionano alla rapidita'" [27].

 

Si deve quindi considerare la disposizione degli astri nel suo complesso. In questo modo, da una natura semplice e indivisibile, il cui effetto pertanto permane, si giunge alla determinazione di un evento mediante la commistione di tutti i fattori concorrenti.

I limiti di questa relazione non consentono di proseguire con riflessioni ulteriori. Ma, poiche' i segni tropici, solidi e biformi rilevano dalla ciclicita' del tempo e ne dimostrano la scansione, qualcuno potrebbe chiedersi: Se l'uomo necessita, nell'anima e nel corpo, continuita' e stabilita', stati connessi alla semplicita' e all'integrita' dell'essere, non possono i segni solidi significxare qualcosa di piu' nell'essere umano e nel suo destino? Bisognerebbe forse porsi prima un'altra domanda: perche' AbuMąsar, nel Kitāb al-mudh al al-saghir, da' alla sorte di Venere una denominazione particolare, sahm al-t-abāt, sorte della permanenza, la pars stabilitratis o pars durationis del Medioevo latino?

 

 

Giuseppe Bezza

Nato a Milano nel 1946, Giuseppe Bezza e' lo studioso piu' intenso e prolifico di Astrologia Classica dell'intero scenario Italiano, e non solo. Al suo attivo numerose e pregevoli pubblicazioni del settore nonche' libri che rappresentano un solido e importante punto di riferimento, fra cui "Arcana Mundi" (1995), "Le dimore celesti. Segni e simboli dello zodiaco" (1998) e "L'astrologia. Storia e metodi" (1980).

Altri studi e articoli e di Giuseppe Bezza sono consultabili su Cielo e Terra sito dell' associazione per lo studio dell'astrologia classica.

 

Note:

[1] Cfr. A. Delatte, Etudes sur la litte'rature pythagoricienne, Paris 1915, pag. 185.

[2] I.Th. Buhle, Arati Solensis Phaenomena et Diosemeia... Scholia vetera quae supersunt ad Germanici Caesari prognostica, Lipsiae 1801, II, pag. 110.

[3] Die Harmonielehre des Klaudios Ptolemaios, a cura di I. Düring, Göteborgs Högskolas Ärsskrift n.35, 1930, III, 5.

[4] Summa Theologię; I, 76, 7, c.

[5] Cfr. Andrea Argoli, De Diebus Criticis et Aegrorum decubitu libri duo, Patavii 1639, pag. 4.

[6] Cfr. Cl. Ptolemęus, De iudicandi facultate et animi principatu, ed. Fr. Lammert, Lipsię 1961, pagg. 19ss.

[7] Compilatio Leopoldi ducatus Austrie filii de astrorum scientia... IV, 1.

[8] quadr. II, 11.

[9] Liber quadripartiti Ptholemei..., Venetiis 1493, cc. 19rb.

[10] AbuMas'ar al-Balhi, Liber Introductorii maioris ad scientiam judiciorum astrorum (II, 7), e'd. R. Lemay, Napoli 1995, II, pag. 128,335.

[11] Cfr. P. d'Ailly, XIV Quaestiones... Quaestio XIII, Venetiis 1531 cc. 163v.

[12] Summa Theologiae, I, 76, 7, c.

[13] Cfr. Andrea Argoli, De Diebus Criticis et de Aegrorum decubitu libri duo, Patavii 1639, pag. 4.

[14] Cfr. Ptolemaeus, De iudicandi facultate et animi principatu, ed. Fr. Lammert, Lipsiae 1961, pagg. 19ss.

[15] Cfr. il commento di Ali ibn Ridwan (Liber quadripartiti Ptholemei... op. cit., cc. 19vb) e John of Eshenden, Summa astrologiae iudicialis de accidentibus mundi..., Venetiis 1489, cc. 41ra.

[16] quadr. III, 12.

[17] Catalogus Codicum Astrologorum Graecorum (CCAG) V/3 pag. 97,10.

[18] Orfeo intorno ai dodici tropi: dei segni che sorgono all'oroscopo, in: Catalogus Codicum Astrologorum Gręcorum (Codices rossici) XII, Bruxelles 1936, pagg. 158-161, che da' la trascrizione del ms. Cod. Bibl. Publ. Gręc. 575, Mosca. Questi pronostici furono pubblicati da O. Kern, Orphicorum Fragmenta, Berolini 1922, pag. 293, che li ritenne una parte del poema perduto "sulle iniziative (peri katarcwn). Il ms. russo ci riporta una stesura piu' ampia di quella accolta da Kern.

[19] Cfr. Varāhamihira, Brihajātaka I, 11; Laghujātaka I, 8.

[20] CCAG V/4, pag. 227,10.

[21] Cfr. Hephaestio III, 11; ed. D. Pingree pag. 267,5.

[22] Giuliano di Laodicea, CCAG V/1, pagg. 187-188.

[23] Cfr. Marcianus gr. 324 fo. 144r, Parisinus gr. 2501 fo. 196r, Laurentianus 28,13 fo. 214r.

[24] Giuliano di Laodicea, ibid.

[25] Cfr. ad esempio Parisinus gr. 2425 fo. 50r, cap. 63; Parisinus gr. 2506 fo. 41r, cap. 62; Marcianus gr. 334 fo. 80, cap. 97; Marcianus gr. 335 fo. 184, cap. 259.

[26] Introductorium de principiis iudiciorum Zahelis Ysmaelitae, in: Liber quadripartiti Ptholemei... cit., cc. 138vb.

[27] CCAG V/1 pag. 191,11.

 




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